L'evoluzione sociale
Storia ▼
L’evoluzione sociale
Dall’inizio della sua attività (siamo negli anni che precedevano l’Unità di Italia) e fino a 25 anni fa circa, i soci del Consorzio erano prevalentemente piccoli proprietari che possedevano pochi ettari di terreno ciascuno e che all’agricoltura legavano la sopravvivenza della famiglia.
Il prato stabile irriguo consentiva infatti la produzione continua di foraggio per il bestiame; da qui la necessità di possedere anche solo un piccolo appezzamento di terreno in pianura, che potesse essere facilmente irrigato.
Oltre ad irrigare i prati, il canale consentiva anche l’azionamento del mulini, fino a qualche decennio fa molto diffusi.
Negli anni ’70 l’agricoltura incominciò, anche a causa dell’esodo di parecchi giovani verso l’industria, ad assumere una diversa configurazione.
Molti agricoltori iniziarono ad abbandonare la pratica della coltivazione del prato per l’alimentazione del bestiame, attività quest’ultima che iniziava ad entrare in disuso, specialmente nelle piccole aziende.
Chi decise di continuare a dedicarsi all’attività agricola, dovette farlo in maniera professionale, costituendo vere e proprie aziende agricole con valenza imprenditoriale.
Gli agricoltori capirono che era molto più conveniente passare alle coltivazioni stagionali, in modo da poter utilizzare il terreno anche per altre colture, come ad esempio il mais e la barbabietola da zucchero, molto più redditizie e praticabili ovunque, anche in collina.
Attualmente, la superficie agricola ancora coltivata a prato stabile nel comprensorio del Consorzio Canale de Ferrari è solamente di 100 ettari circa, contro i 1200 di 30 anni fa.
Il prato stabile irriguo consentiva infatti la produzione continua di foraggio per il bestiame; da qui la necessità di possedere anche solo un piccolo appezzamento di terreno in pianura, che potesse essere facilmente irrigato.
Oltre ad irrigare i prati, il canale consentiva anche l’azionamento del mulini, fino a qualche decennio fa molto diffusi.
Negli anni ’70 l’agricoltura incominciò, anche a causa dell’esodo di parecchi giovani verso l’industria, ad assumere una diversa configurazione.
Molti agricoltori iniziarono ad abbandonare la pratica della coltivazione del prato per l’alimentazione del bestiame, attività quest’ultima che iniziava ad entrare in disuso, specialmente nelle piccole aziende.
Chi decise di continuare a dedicarsi all’attività agricola, dovette farlo in maniera professionale, costituendo vere e proprie aziende agricole con valenza imprenditoriale.
Gli agricoltori capirono che era molto più conveniente passare alle coltivazioni stagionali, in modo da poter utilizzare il terreno anche per altre colture, come ad esempio il mais e la barbabietola da zucchero, molto più redditizie e praticabili ovunque, anche in collina.
Attualmente, la superficie agricola ancora coltivata a prato stabile nel comprensorio del Consorzio Canale de Ferrari è solamente di 100 ettari circa, contro i 1200 di 30 anni fa.